L’importanza della formazione continua nel settore Life Science per garantire qualità e conformità

In un panorama come quello del settore Life Science, in cui innovazione e normative non possono certo essere definite statiche, la formazione continua si configura come un pilastro essenziale per le aziende. Ma cosa rappresenta davvero?

Quando parliamo di Formazione Continua, ci riferiamo a un processo di aggiornamento costante e strutturato delle competenze e delle conoscenze dei lavoratori, che permette di mantenere elevati standard di qualità e sicurezza, allineandosi a normative internazionali sempre più esigenti.

La formazione continua: un requisito fondamentale nel Life Science

Il settore Life Science è senza dubbio uno dei contesti più regolamentati al mondo. Qui la formazione continua non è solo un vantaggio competitivo, ma una necessità. Infatti le aziende devono adeguarsi costantemente a normative internazionali come le Good Manufacturing Practices (GMP) e gli standard ISO. Senza una formazione adeguata, i dipendenti rischiano di non essere pronti ad affrontare le sfide legate a nuove regolamentazioni o cambiamenti tecnologici, compromettendo la qualità dei prodotti e, di conseguenza, la sicurezza dei pazienti.

È qui che la formazione continua diventa un alleato fondamentale. Se tutti sono informati e sanno come comportarsi, le probabilità di errore scendono. E non parliamo solo di tecnici specializzati: dal responsabile della qualità all’operatore, ognuno ha un ruolo nel mantenere gli standard elevati.

Qualità e conformità: due pilastri sostenuti dalla formazione

Garantire la qualità e mantenere la conformità alle normative è fondamentale per evitare gravi ripercussioni, sia economiche che legali. Le normative GMP, per esempio, stabiliscono criteri stringenti per la produzione e il controllo di qualità. Attraverso programmi di formazione continua, le aziende possono assicurarsi che ogni collaboratore comprenda e segua questi protocolli, riducendo al minimo il rischio di non conformità.

Investire nella formazione continua permette di:

  • Mantenere alti standard di qualità in ogni fase del processo produttivo.
  • Ridurre il rischio di errori e non conformità.
  • Rispondere con agilità a nuove normative o aggiornamenti tecnologici.
  • Potenziare la cultura aziendale orientata alla qualità e alla compliance.

I benefici tangibili della formazione continua

Ma quali sono i veri benefici di avere una formazione costante? Proviamo a pensarci un attimo. Per prima cosa, aumenta la fiducia dei lavoratori: chi sa di avere le competenze giuste, si sente sicuro. Un’azienda che investe in formazione crea un ambiente dove la qualità non è solo uno slogan, ma un obiettivo condiviso. E non è tutto: essere pronti ad affrontare cambiamenti significa anche ridurre i tempi di risposta e i rischi legati alla mancata conformità.

In pratica, formarsi significa anche prepararsi a ciò che arriverà, a nuove tecnologie, nuovi strumenti, nuovi modi di lavorare. È una forma di prevenzione, perché chi sa cosa fare si adatta più facilmente a qualsiasi cambiamento, senza intoppi.

Il nostro progetto Talent Academy in S4BT

In S4BT, abbiamo voluto dare alla formazione il posto che merita, creando la Talent Academy. L’idea era semplice: offrire percorsi formativi non solo teorici, ma anche pratici, per toccare con mano ciò che succede davvero in azienda. Non si tratta di “fare un corso” per aggiungere una riga al CV. Parliamo di qualcosa che fa davvero la differenza, e lo fa ogni giorno.

La Talent Academy di S4BT punta su:

  • Corsi specialistici su normative e regolamentazioni: con focus su GMP, ISO e altre certificazioni fondamentali.
  • Programmi di aggiornamento sulle tecnologie emergenti: per allineare le competenze alle innovazioni del settore.
  • Sviluppo delle competenze trasversali: essenziali per rispondere in modo flessibile alle esigenze aziendali in rapido mutamento.

L’Academy è pensata per essere utile subito: niente teoria astratta, solo cose che chi lavora può applicare immediatamente.

Conclusioni

Il settore Life Science è un campo in cui le cose cambiano continuamente. Proprio per questo, avere una formazione continua è diventato davvero indispensabile. Non è solo una questione di rispetto delle regole: la formazione continua permette alle aziende di tenere alta la qualità, garantire la sicurezza e rimanere conformi alle normative, anche quando si aggiungono nuovi requisiti o tecnologie.

Essere preparati alle nuove sfide è un vantaggio strategico vero e proprio, che fa la differenza in un ambiente competitivo come il nostro. Avere team aggiornati e competenti permette di rispondere prontamente a qualunque cambiamento, e questo si traduce in fiducia. Non solo quella dei pazienti, che possono contare su prodotti sicuri, ma anche quella del mercato e dei partner. Una formazione ben fatta ha impatti concreti: rafforza la reputazione dell’azienda, aumenta l’efficienza interna e consolida il rapporto con chi ci sceglie.

Per noi, in S4BT, vedere i benefici concreti della Talent Academy è la conferma che abbiamo fatto la scelta giusta. La formazione continua non è solo un investimento: è un modo per costruire un futuro più sicuro e affidabile.

Bibliografia e fonti

  1. Good Manufacturing Practices (GMP). World Health Organization.
  2. ISO Standards. International Organization for Standardization.
  3. S4BT Talent Academy. Sito ufficiale di S4BT.
  4. “Continuous Training in the Life Sciences Industry: Trends and Best Practices.” Journal of Pharmaceutical Innovation, 2023.
annex 1

Il Nuovo Annex 1: Camere bianche e contaminazione controllata

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Il Nuovo Annex 1: Camere bianche e contaminazione controllata

Il Nuovo Annex 1: Camere bianche e contaminazione controllata

Articolo a cura del team Qualifiche S4BT.

Nella manifattura di prodotti sterili, rivestono particolare importanza le camere bianche e il grado di pulizia in esse raggiunto.

Cosa occorre per ottenere un grado di pulizia appropriato?

Sicuramente è necessario partire da una buona progettazione e realizzazione.

1. Superfici

Nelle camere bianche tutte le superfici esposte come i piani di lavoro o le pareti dei locali dovrebbero essere lisce e di facile accesso in modo da ridurre al minimo l’accumulo di particelle contaminanti e permettere una quanto più comoda pulizia.

2. Spazi e ingombri

La progettazione ideale richiede che non ci siano rientranze, sporgenze, scaffali o armadi e che la presenza di altri tipi di qualsivoglia attrezzatura sia ridotta al minimo indispensabile.

3. Porte e Soffitti

Tale principio si applica anche alla progettazione delle porte, che dovrebbero essere realizzate in modo da evitare recessi di difficile pulizia.

Allo stesso modo i soffitti dovrebbero essere progettati e sigillati per prevenire la contaminazione dallo spazio sovrastante.

A tutte queste considerazioni, si aggiunge ancora la corretta progettazione del sistema HVAC e l’utilizzo dei filtri HEPA, attraverso i quali l’aria trattata viene opportunamente immessa nel locale.

Annex 1: 4 gradi di pulizia

L’Annex 1 fa riferimento ad una classificazione delle camere bianche e degli ambienti a contaminazione controllata che prevede quattro gradi di pulizia:

  • GRADO A: sono le zone critiche per le operazioni ad altro rischio, come linee di lavorazioni asettiche, zone di riempimento, piani di lavoro con ampolle e flaconi aperti;
  • GRADO B: dedicate alla preparazione e al riempimento asettico. Sono solo e soltanto le zone che circondano quelle di grado A;
  • GRADO C e D: zone utilizzate per l’esecuzione di fasi meno critiche nella fabbricazione di prodotti sterili riempiti asetticamente.

Nei sistemi a flusso d’aria unidirezionale, tipici delle zone di grado A, un adeguato movimento d’aria fornisce la protezione del prodotto e dei componenti aperti all’altezza del piano di lavoro (ad esempio dove sono condotte le operazioni ad alto rischio e dove il prodotto e i componenti sono esposti).

Qualifica di Camere Bianche e attrezzature per aria pulita

La qualifica viene intesa come il processo globale di valutazione del livello di conformità di una camera bianca classificata o di un’attrezzatura per l’aria pulita con il suo uso previsto.

Come tutti i sistemi e le apparecchiature aventi impatto GxP, anche la qualifica delle cleanrooms dovrà seguire i requisiti e l’approccio alla qualifica descritti nella normativa di riferimento Annex 15 Qualification and Validation.

9 Test necessari per verificare la conformità di una camera bianca

Al fine di verificare la conformità di una cleanroom vengono considerati necessari almeno i seguenti test di verifica:

1. Test di integrità dei filtri installati

Questo test viene effettuato per assicurare che i filtri siano installati correttamente verificando l’assenza di perdite o di difetti e che sul telaio del filtro ci sia perfetta tenuta.

Vengono introdotte particelle di aerosol a monte del filtro tramite un generatore e ne viene misurata la concentrazione.

Viene poi effettuata una scansione a valle del filtro per misurarne la penetrazione tramite due modalità: attraverso l’uso di un fotometro o tramite l’uso di un contaparticelle.

Il limite massimo di penetrazione accettabile è lo 0,01%, come da indicazione della normativa ISO 14644-3.

2. Misurazione del flusso d’aria – portata e velocità (la velocità viene misurata nei sistemi a flusso unidirezionale)

Questo test viene eseguito per misurare il flusso d’aria introdotto in camere bianche a flusso unidirezionale e non unidirezionale.

Nelle applicazioni a flusso unidirezionale, la velocità del flusso d’aria, che dovrebbe ricadere all’interno dei valori guida 0,36 – 0,54 m/s, è misurata in diversi punti della superficie del filtro e del piano di lavoro tramite ad esempio, un anemometro a filo caldo, al fine di dimostrarne l’uniformità.

Nelle zone a flusso non unidirezionale è possibile misurare direttamente la portata di aria utilizzando ad esempio un balometro, dotato di un convogliatore del flusso d’aria; il dato rilevato potrà essere utilizzato per il calcolo del numero di ricambi orari (volumi di aria nell’unità di tempo).

3. Misurazione della pressione differenziale tra i locali

Lo scopo del test della differenza di pressione dell’aria è quello di verificare la capacità del sistema di mantenere il differenziale di pressione specificato tra la camera bianca e l’ambiente circostante o tra camere bianche di grado diverso, in modo da non permettere contaminazione incrociata. Tale verifica viene effettuata con il supporto di un micromanometro differenziale.

4. Direzione e visualizzazione dei flussi d’aria

Il test della visualizzazione del flusso d’aria può essere condotto nello stato di riposo per determinare i modelli di base del flusso d’aria della camera bianca e può essere ripetuto nello stato dinamico simulando le operazioni reali. Questa verifica è necessaria per dimostrare che non c’è ingresso dalle aree di grado inferiore a quelle di grado superiore e che l’aria non transiti da aree meno pulite (pavimento) alle aree di grado superiore (piani di lavoro).

Inoltre la visualizzazione dei flussi d’aria consente di apportare migliorie al design della cleanroom, di individuare disomogeneità della velocità del flusso, di valutare correttamente la posizione dei punti di monitoraggio ambientale e di addestrare gli operatori riguardo alle corrette modalità di svolgimento delle operazioni asettiche.

5. Contaminazione particellare

Parte integrante della qualifica di una camera bianca è proprio la sua classificazione: è un metodo per valutare il livello di pulizia dell’aria rispetto a una specifica di riferimento (vedi tabella 1), misurando la concentrazione di particolato aerodisperso.

Tabella 1_Annex1

Per gli ambienti di grado A (nello stato occupazionale “at-rest” e “in operation”) e di grado B (nello stato occupazionale “at-rest”) non sono stati ritenuti applicabili i limiti di concentrazione per le particelle da 5 μm; pertanto, possono essere prese in considerazione particelle di dimensione maggiore o uguale a 1 μm, secondo i limiti indicati dalla norma ISO 14644-1.

Per la classificazione delle camere bianche, il numero minimo di punti di campionamento da effettuare e il loro posizionamento sono definiti nella normativa ISO 14644-1.

Nel caso di manifattura sterile e ambienti ad essa collegati (zone di grado A e di grado B), le posizioni dei punti di campionamento devono essere definite considerando anche tutte le zone critiche di lavorazione.

A tal proposito si rende necessaria un’attività di valutazione del rischio documentata sulla base della conoscenza del processo e delle operazioni da eseguire.

6. Contaminazione microbica dell’aria e della superficie

 

Lo scopo di questo test è la determinazione della concentrazione di microrganismi presenti nell’aria e sulle superfici attraverso il controllo della contaminazione nelle modalità statica, dinamica e attraverso la misura della contaminazione sulle superfici.

7. Misurazione della temperatura e dell’umidità relativa

Lo scopo di questo test è quello di verificare che i livelli di temperatura e di umidità relativa dell’aria siano entro i limiti di controllo sia nello stato occupazionale “at-rest” che in quello “in operation” per l’area da testare.

A tal proposito vengono effettuate mappature termoigrometriche utilizzando dispositivi di misurazione come i datalogger che rilevano e registrano i valori delle grandezze misurate in diversi punti della cleanroom.

8. Test del “recovery”

Lo scopo del test di recovery time è quello di valutare l’intervallo di tempo effettivo affinché la concentrazione di particelle inquinanti ritorni ad un livello di pulizia target dopo essere stata temporaneamente incrementata di un fattore 100 (o 10).  Le particelle sporcanti vengono prodotte da un generatore di fumo e ne viene misurata la concentrazione tramite un contaparticelle.

9. Test di verifica del contenimento


Questo test viene eseguito per rilevare eventuali intrusioni di aria non filtrata nella camera bianca o nelle zone pulite dall’esterno attraverso giunti, porte e soffitti pressurizzati. In accordo alla normativa ISO 14644‑2 dovrebbe essere eseguito ogni quattro anni oppure nel caso di un qualsiasi cambiamento apportato che possa coinvolgere i flussi di aria.

Programma di Riqualifica

Per garantire che una camera bianca operi in conformità con quanto richiesto dalle normative, assicurando sicurezza e qualità del prodotto finale durante tutto il suo ciclo di vita, è necessario pianificare un programma di riqualifica periodica, da effettuare secondo procedure definite.

I test minimi richiesti in fase di riqualifica e la cadenza temporale con la quale dovrebbero essere eseguiti secondo l’Annex 1 vengono riportati nella tabella 2:

Tabella 2_Annex 1

* eseguito secondo una valutazione dei rischi documentata; tuttavia, richiesto per le zone di riempimento e per quelle che circondano le zone di grado A.

Una riqualifica appropriata comprendente almeno le prove di cui sopra dovrebbe essere effettuata anche dopo il completamento di un’azione correttiva attuata per correggere una condizione di non conformità o dopo modifiche apportate.

Casi di modifiche da considerare includono, ad esempio:

  • Cambi nell’uso operativo della camera bianca o dei parametri operativi di un HVAC
  • Interruzione della movimentazione dell’aria che influisce sul funzionamento dell’impianto.
  • Manutenzione speciale che influisce sul funzionamento dell’impianto (come il cambio dei filtri finali).

Altre caratteristiche, come la temperatura e l’umidità relativa, dovrebbero essere controllate entro intervalli che si allineano con i requisiti di prodotto/lavorazione e supportano il mantenimento di standard di pulizia definiti (ad esempio, grado A o B).

La frequenza di esecuzione del test di visualizzazione dei flussi d’aria dovrà essere stabilita all’interno di un processo di valutazione del rischio o qualora siano implementati dei cambiamenti nella configurazione della clean room.

Servizio S4BT Commissioning & Qualification

S4BT fornisce consulenza per la definizione del package documentale relativo al processo basato sul Quality Risk Management (QRM) per la definizione della strategia di Commissioning & Qualification, nonché per l’esecuzione dei test, sfruttando l’esperienza maturata negli anni nelle aziende del settore.

Per maggiori informazioni visita la pagina dedicata: Qualifiche Equipment, Ambienti e Utilities

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Commissioning & Qualification

Perché le aziende dovrebbero aumentare l’effort in fase di Commissioning?

Articolo a cura del Team Qualifiche S4BT

Non esiste più una netta distinzione tra Commissioning e Qualification. Questo secondo la tendenza degli ultimi anni in cui sono stati integrati i nuovi approcci alla qualifica dei sistemi di produzione, dettati dalle linee guida e normative internazionali.

Nell’ambito del graduale abbandono del classico modello a V, che prevede anche l’uso del leveraging dalle fasi di commissioning, oggi Commissioning e Qualification (C&Q) vengono integrati creando un unico processo. Ciò grazie al coinvolgimento maggiore delle Good Engineering Practice (GEP), i cui principi vengono utilizzati per sviluppare test di qualifica mirati a stabilire se un impianto, sistema o equipment sia adatto allo scopo per cui è stato progettato.

Approccio Risk Based in fase di Progettazione

Il nuovo approccio di testing trova le sue fondamenta nella fase di progettazione, a partire dalla quale, grazie all’implementazione dei principi di “Quality by Desing”(QbD), del “Quality Risk Management”(QRM) e dell’approccio “Science and Risk Based”, vengono definiti chiaramente gli aspetti critici di progetto su cui dovranno essere concentrati gli sforzi per le attività di Commissioning & Qualification.

La supervisione del reparto di qualità gioca un ruolo fondamentale nella fase di progettazione, poiché ha la responsabilità di assicurare che gli aspetti critici del processo vengano considerati durante la progettazione del sistema e la definizione dei test.

CDE (Critical Design Element)

Si pone l’attenzione quindi sulla definizione degli elementi critici di progetto, CDE (Critical Design Elements), che saranno oggetto dei test e che derivano da una attenta analisi degli attributi critici di qualità e dei parametri critici di processo definiti in fase iniziale di sviluppo, nonché dai requisiti regolatori e dagli standard di qualità aziendali.

Con questo approccio si abbandona la vecchia mentalità del “testare tutto”, per passare a quella di definire e pianificare dei test mirati e di conseguenza diminuire lo sforzo e aumentare l’efficienza sin dalle fasi di commissioning.

I documenti di Risk Assessment (RA) e Design Review/Design Qualification (DQ) in questo scenario diventano fondamentali e protagonisti, poiché consentono di indentificare chiaramente gli elementi critici di progetto, che attraverso il processo di Design Review portano a definire il progetto definitivo (1).

(1) Per approfondire: International Society for Pharmaceutical Engineering, ISPE Baseline Guide: Volume 5 – Commissioning And Qualification, 2nd Edition, Chapter 2, Paragraph 2.1 page 19, ISPE, January 2019, 212 pages

Risk Assessment

Una volta definiti chiaramente gli elementi critici della progettazione è fondamentale analizzarli nel documento di Risk Assessment, che ha come output la definizione e successiva esecuzione di test che portino da subito un valore aggiunto ai fini della qualifica.

Ad esempio l’esecuzione di test relativi alla fase di FAT, sviluppati secondo questo approccio, potrebbero portare alla luce difetti sulla realizzazione del sistema e ciò permetterebbe di poter agire velocemente apportando le correzioni in modo efficiente direttamente presso il costruttore e non in fasi di qualifica successive in cui sarebbe troppo tardi.

Allo stesso modo durante la fase di SAT potrebbero essere individuati eventuali difetti di installazione e funzionalità, legati ad aspetti critici di processo. Ciò favorirebbe un’azione tempestiva nella risoluzione, facilitando le fasi successive di convalida.

Design Review/ Design Qualification

Il processo di Design Review in quest’ottica gioca un ruolo importante durante la fase di progettazione, poiché, grazie al contributo degli SME del reparto di ingegneria che possiedono piena conoscenza degli attributi critici di qualità (CQA) e dei parametri critici di processo (CPP), va a definire in modo mirato, già nelle prime fasi, gli elementi critici di progetto (CDE) e le soluzioni di progetto adeguate.

Il risultato della valutazione dei rischi nel Risk Assessment e l’utilizzo dinamico della Design Review culminano nel progetto definitivo, il quale viene formalizzato nella Design Qualification (DQ) dove le scelte progettuali vengono confrontate con i requisiti specificati nelle URS per verificarne la piena copertura.

L’approccio appena descritto ci consente di evitare il presentarsi, in fase di test, di risultati non conformi che si riveleranno poi causati da errori di progettazione. Già in fase di FAT e SAT, con il nuovo approccio, si hanno test mirati alla verifica degli aspetti critici del processo, permettendo così una pianificazione ottimale delle fasi di Commissioning & Qualification e non avere perdite di tempo per test “standard” che non apportano nessun valore aggiunto.

Il ruolo del reparto di ingegneria, nella fattispecie degli SME, diventa quindi fondamentale per riuscire a definire sin da subito cosa andrà testato e dove concentrare gli sforzi di Commissioning & Qualification (C&Q).

Benefici

I benefici di questo modello sono molteplici, infatti nell’approccio di C&Q gestito attraverso il Quality Risk Management (QRM), tutte le attività di test, a partire già dalle attività di commissioning, aggiungono valore alle attività di qualifica, diversamente da un approccio classico in cui molte volte i test eseguiti nelle prime fasi di installazione del sistema (FAT, SAT e commissioning), che non sono stati definiti secondo un approccio orientato al rischio, risultano ridondanti ai fini della qualifica oppure, non essendo considerati perché non integrati nel processo di progettazione, vengono ripetuti in fase di IQ/OQ.

Nel nuovo approccio i test che vengono definiti sono commisurati ai rischi sulla qualità del prodotto, i quali vengono identificati, mitigati e controllati già nelle fasi di progettazione applicando le attuali GEP, ottenendo così come risultato la consegna di un sistema pienamente aderente alle specifiche, con costi ridotti e tempi più brevi.

References

International Society for Pharmaceutical Engineering, ISPE Baseline Guide: Volume 5 – Commissioning And Qualification, 2nd Edition, ISPE, January 2019, 212 pages.

EQUIPMENT & FACILITIES QUALIFICATION